Spesso mi hanno chiesto consigli sui libri da leggere per diventare pubblicitari, quasi che il "markettaro" fosse una professione che si può apprendere leggendo qualche manuale.
Ovviamente ho sempre scosso la testa e mancato di indicare titoli, perché in fondo convinto che la magia della comunicazione creativa si imparasse per altre vie più ardue e meno lineari di una bibliografia (minima o massima che fosse).
La risposta didascalica (in realtà profondamente evasiva) era per lo più la seguente: qualsiasi libro contribuisce a formare la cultura di una persona e perfino il suo "essere" più autentico; per questa ragione ogni libro in cui ci si imbatte può rivelarsi essenziale al raggiungimento di competenze importanti nel mondo della pubblicità, quali creatività, senso dello humour, gusto estetico, antropologia, psicologia ed etica, solo per citarne alcune.
Quindi leggi quel che vuoi, ma leggi, leggi tanto e spazia più che puoi in generi, temi e autori.
Ricordo una volta, in particolare, che il confronto con alcuni studenti di un istituto superiore mi rese ancor più certo che si possono sfornare grandi pubblicità a prescindere dai libri letti sul tema dell'advertising.
Stavo tenendo un corso della durata di un paio di mesi, il pretenzioso fine era fornire nozioni di "Web Marketing e Comunicazione Creativa". Durante il modulo di Comunicazione Creativa, con mia grande gioia, gli studenti sfornarono una buona pubblicità, completamente frutto del loro estro creativo.
Ve la riporto di seguito, perché la trovo valida ancora oggi.
A quei tempi Facebook indicava, nel proprio stream di attività social, gli "I Like" degli amici con la frase "A Tizio piace questo elemento" (ora superata da una grafica autoesplicativa che non necessita di frasi ridondanti). Ma "a quei tempi" l'adv era perfettamente comprensibile da chi usasse Facebook e conoscesse la favola di Biancaneve e delle mela avvelenata (meno di 1 miliardo di persone, all'epoca, ma comunque la totalità del target). Io avrei preferito solo la mela del logo Apple, nel visual, ma gli studenti vollero inserire anche il packshot, poiché nel briefing che avevo assegnato loro si parlava di promuovere un prodotto specifico.
Fatto sta che l'adv mi piacque molto e quando, a fine corso, le ragazze del gruppo più "creativo" (ebbene sì, erano tutte donne) mi chiesero consigli sui libri da leggere per diventare pubblicitari, non me la sentii di aggiungere saccenti indicazioni che avrebbero ottenebrato quelle menti brillanti, e me ne uscii con la risposta standard di cui sopra.
Ma allora perché questo post si intitola "Bibliografia minima del markettaro"??
Perché con l'età che avanza e l'estate che va finendo si può anche cambiare idea...
[Continua ...]