Caro Umberto,
ti scrivo per distrarmi un po'. Sapere che sei molto lontano mi mette una certa tristezza e la scrittura, tu lo sai bene, tra i tanti pregi, ha anche quello di accorciare le distanze.
Questa mia ti giunge forse un po' tardiva, ma che vuoi farci, ero tanto impegnato a leggerti che scriverti mi sembrava piuttosto inutile o, quanto meno, procrastinabile. Lo ritenevo inoltre un gesto di presunzione inadeguato, visto che avevo ben poco da dirti, io, che tu non sapessi già.
Ma la gratitudine, quando viene dal cuore, non è mai inadeguata. E quindi mi è sembrato giusto scriverti per ringraziarti, oggi che puoi leggermi, ora che hai smesso di scrivere.
Grazie per tutto quello che i tuoi libri mi hanno trasmesso, in termini di Conoscenza, ma soprattutto in termini di regole auree per la trasmissione della Conoscenza. Se oggi ho un lavoro che mi piace, dove scrivere bene è ancora un valore, dove la comunicazione passa spesso e volentieri per la forma scritta, lo devo certamente anche ai tuoi libri.
"Il nome della rosa" mi ha insegnato che il romanzo può essere una forma di letteratura sublime e che se fai una citazione non devi spiegarla (ci ho costruito anche una lezione, qualche tempo fa, dal titolo Non offendere il tuo target).
"Il pendolo di Foucault" mi ha fatto ridere dei miei studi sull'esoterismo, la Massoneria e mille atri aspetti della Conoscenza che, per giovane età e inesperienza, stavo prendendo troppo sul serio.
"Baudolino" mi ha insegnato che la menzogna può essere una costruzione del linguaggio talmente forte da cambiare la storia dell'umanità, oltre ovviamente delle persone che la praticano sistematicamente. E che io, non avevo voglia di trovarmi a vivere una vita che non fosse autenticamente mia, l'ho presa come una lezione di vita, una forte motivazione per non mentire mai.
Con "La misteriosa fiamma della regina Loana" hai smesso di essere il mio lettore preferito, il libro non mi era piaciuto e mi era crollato un mito. Ma poi ti ho perdonato, ho capito che non avevo l'età per capirlo. Forse tra una trentina di anni, quando i ricordi di ieri ingombreranno la mia mente più dei sogni di domani, lo rileggerò con occhi diversi.
Grazie a "Il cimitero di Praga" ho recuperato tutta la stima e fiducia in te, ed ho imparato che la Storia è davvero ben più complessa di quella che puoi imparare nei banchi di scuola.
E poi i tuoi saggi, articoli e scritti vari... Quanto ho imparato dalla tua analisi lucida e dall'umorismo con cui mi portavi a condividere la tua posizione!
"Lector in fabula" mi ha aperto un mondo sui livelli di comprensione del testo e mi ha avviato agli studi di letteratura sperimentale. Pensa che ho perfino comprato un'edizione del 1930 (l'unica reperibile, al tempo, in italiano) di Racconti Idioti di Alphonse Allais! Questo (l'episodio dell'acquisto, non il libro in sé), mi ha insegnato che mio padre è un grande uomo, anche perché non mi ha mai negato i soldi per acquistare un buon libro.
Di "Diario Minimo" ho amato soprattutto Lettera a mio figlio, di cui all'epoca, poco più che sedicenne, condividevo la morale pacifista, ma che oggi, con due figlie da educare, valuto ancor di più per gli spunti pedagogici.
"In cosa crede chi non crede?" mi ha insegnato che puoi rivolgerti a Carlo Maria Martini senza titoli onorifici, o di ruolo, perché i (veri) grandi uomini non sono riducibili ad un titolo.
"La bustina di Minerva" mi ha regalato momenti di puro divertimento, insieme ad una visione della realtà e del nostro Paese che i giornali non restituivano mai.
Ebbi anche la fortuna di ascoltare una tua lectio a Pisa, per l'inaugurazione di un nuovo Corso di Laurea ad Ingegneria. Ero in fondo all'Aula Magna, perché, come mio solito, avevo rinunciato ai posti riservati ai Senatori Accademici. Quella è stata la prima e unica volta in cui mi sono rammaricato di non aver sfruttato un privilegio. In fondo anche gli ideali vanno alimentati, e tu eri una fonte inesauribile di motivazione.
Ma che vuoi farci, i giovani, si sa, sono integralisti perché non hanno ancora colto la complessità della vita.
Persi, quel giorno, l'unica occasione che la vita mi avrebbe riservato per stringerti la mano e ringraziarti, ringraziarti per tutto quello che il tuo lavoro mi aveva donato.
Lo faccio oggi, oggi che, mi auguro, hai modo e tempo per ascoltarmi.
Salutami Tommaso e, mi raccomando, chiedigli scusa se gli hai addebitato le colpe del tuo ateismo. In fondo, l'hai detto tu stesso, i libri dicono cose diverse a diversi lettori. E tu eri semplicemente un lettore che aveva bisogno di essere profondamente laico per essere profondamente illuminato.
Con affetto,
Luca
P.S. Nella mia biblioteca ho anche il tuo libricino "Sator Arepo eccetera". È fra i libri da leggere, da più di 8 anni. Per qualche ragione, il mio inconscio mi ha suggerito di lasciarlo lì (nonostante sul SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS abbia letto molti libri). Forse volevo semplicemente avere quella sensazione che tu avessi sempre qualcosa da dirmi, qualcosa da donarmi.
Forse questa sera lo comincio, perché... ho bisogno di accorciare le distanze.