Questa estate la ricorderò non per l'accogliente paesino pugliese dove l'ho trascorsa, né per l'ottimo cibo degustato. Non la ricorderò per il mare, per i paesaggi e, strano a dirsi nel mio caso, nemmeno per le lunghissime letture in spiaggia, che mi hanno consentito di finire cinque bellissimi libri.
La ricorderò perché è stata un estate senza viaggio.
Non mi riferisco ovviamente "agli spostamenti", quelli, purtroppo, ci sono stati, nel traffico delle autostrade italiane, da nord a sud e da sud a nord, da ovest ad est e da est ad ovest, nel caldo delle ore "più furbe" per evitare i disagi degli esodi estivi (insieme a milioni di altri furbi come te). No, quelli sono meri spostamenti, trasferimenti di persone e cose da un posto ad un altro.
Mi riferisco al Viaggio vero, quello con la V maiuscola, quello fatto nel 2012 attraverso il Nord Europa, o a Vaduz nel 2010, quello del 2007 attraverso gli Stati Uniti o il Cammino di Santiago in bicicletta del 2004, per non parlare delle route a piedi con gli Scout. Insomma, il Viaggio che è la ragione per cui esiste questo blog.
Qualcuno potrà domandarsi perché proprio in questa Estate 2014 (che non è stata certo la prima e non sarà, purtroppo, l'ultima senza Viaggi) mi viene in mente che non ho fatto un Viaggio. Beh, semplicemente perché in questa estate due miei carissimi amici hanno intrapreso due Viaggi importanti (uno il Cammino di Santiago a piedi, l'altro la Traversata delle Alpi in bicicletta) e me ne hanno raccontato vicessitudini ed emozioni. Da ciò la nostalgia del Viaggio vero, del Viaggio che ti cambia.
In particolare la riflessione sull'estate senza Viaggio l'ho maturata in seguito alla lettura di un'e-mail dell'amico trentino che sta attraversando le Alpi in bici da est ad ovest. Giorno per giorno, infatti, trova il tempo di aggiornare via e-mail amici e parenti sul procedere dell'avventura, raccontando ogni tappa con umorismo, sagacia e un pizzico di filosofia.
Questa sua riflessione mi ha fatto sentire davvero la mancanza del "Vero Viaggio di Scoperta" di proustiana memoria, quello non scordi mai, quello che val sempre la pena di fare.
Riporto quindi i suoi pensieri su questo blog, perché li condivido in pieno e perché credo che siano perfettamente in linea con lo spirito che nel corso dei miei Viaggi/Post ho cercato di comunicare.
«[...] Lo so, mancano ancora due tappe, ma la mia non è fretta di concludere l'esperienza. Semplicemente oggi è stata una tappa povera di sorprese, seppure superlativa, e poi sono dell'umore giusto per tirare qualche conclusione o, almeno, per fare qualche riflessione sul viaggio che ahimè (ecco l'ho detto) sta per finire.
Viaggiare non è solo una cosa meravigliosa, come lo zucchero filato o i film in 3D con i tuoi amici a casa. Viaggiare è materia di studio dell'antropologia, è uno stato mentale, è una ragione di vita per molti, comunque è un fenomeno degno di attenzione da parte di praticanti e scienziati. Il punto è che viaggiare, anzitutto, fracassa il micro/macromondo che ti sei costruito con la tua vita privata in città/campagna. Il viaggio annulla le differenze sociali (entro certi limiti) e pone soggetti di status sociale molto diversi allo steso livello. Qualcosa di simile accade nello sport, ma sostanzialmente nello sport il meccanismo di attribuzione di valore all'individuo non è più di tipo socio-economico bensì di prestazione sportiva. Nel viaggio - fatta eccezione per il fatto che più è lungo e avventuroso un viaggio, più è probabile che sia invidiato - questo sistema viene cancellato. Un viaggiatore è come un altro, un esploratore delle meraviglie del mondo che non ha reddito, non ha professione, non ha meriti sportivi o rilievo politico. Un viaggiatore è esclusivamente un cittadino del mondo, niente di più, ma soprattutto niente di meno. È per questo che il viaggio, per le sue caratteristiche intrinseche, pone l'individuo in uno stato mentale che si traduce direttamente in una maggiore apertura verso gli altri, in altruismo, senso di comunità (con gli altri viaggiatori). Attenzione però, il viaggio non è andare vacanza. Viaggiare comporta dei rischi, degli imprevisti, forti flessioni delle proprie abitudini, accettazione delle regole altrui (cosa che spesso mi riesce difficile). Viaggiare significa spostarsi da un posto a un altro, indipendentemente dalle modalità, dalla frequenza, dal mezzo ecc. Nel viaggio, lo spostamento è il fine. Nella vacanza, lo spostamento è il mezzo.
Perché dico tutto questo? Non lo so, forse semplicemente perché troppe poche volte nella vita ho viaggiato veramente.
[...] Anzitutto un viaggio non può durare poco. Nel viaggio che dura poco, che è una vacanza e non un viaggio, non esiste il tempo perché avvenga quel cambiamento dentro di noi che ci fa entrare nella "modalità viaggio".
Ci sono delle persone fra quelle che leggono che hanno viaggiato meno di me, altre di più, ma questo è un messaggio per le persone che lo hanno fatto poco. Il messaggio che voglio passare è questo: non importa se siete ricchi o poveri, sposati o single, occupati o annoiati. Prendetevi, almeno un paio di volte nella vita, il tempo di fare un viaggio vero. Non è detto che vi cambierà la vita, con me non lo ha mai fatto. Ma vi regalerà qualcosa per cui la vita la valorizzerete come non è possibile fare in altri modi. Potrete viaggiare con la vostra famiglia, da soli, in bici, in vespa, a piedi, in camper o in auto con una tenda. Anche passando di albergo in albergo, non importa. Non lasciate passare la vita pensando che non è il momento, che siete vecchi o siete limitati dalla famiglia o dal lavoro. La vita va vissuta e tra i mille modi di farlo, uno dei migliori è fare un viaggio, quello che volete voi o, meglio ancora, quello che avete sempre sognato. Viaggiare costa fatica. Costa fatica organizzare, spendere, mettere d'accordo, rinunciare ad altre cose. Ma vale la pena, perché i miei dischi posso venderli, le casse si rompono, le bici le rurbano, le auto si svalutano. Ma quando pensi a quel viaggio che hai fatto, quando lo racconti, e meglio ancora quando lo vivi, le cose materiali perdono di valore, perché sono tue ma non lo sono veramente.»
Il Viaggio, invece, è tuo per sempre.
Blog "di viaggio" di Luca Martino, dove Filosofia, Politica, Economia, Marketing, Web e SEO sono di strada.
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27 agosto 2014
13 agosto 2014
La società dell’incertezza
Non so perché in questi giorni mi è tornata alla mente una riflessione letta tempo fa sul blog di un amico. La ripropongo qui, oggi, perché la sento vera più che mai, perché guardandomi attorno vedo troppa infelicità, perché non ho fiducia nella capacità di rinascita dalle ceneri di uno Stato corrotto come il nostro.
Per troppe persone il presente è il posto peggiore dove passare la propria vita. Ed il futuro non promette niente di buono.
Questo stato di cose, purtroppo, non è passeggero e assume sempre più il carattere di una condizione permanente e immutabile.
Non basta l'ottimismo di Renzi a cambiare la situazione e a dare speranza, lì dove manca e la sicurezza, e la libertà.
Per troppe persone il presente è il posto peggiore dove passare la propria vita. Ed il futuro non promette niente di buono.
Questo stato di cose, purtroppo, non è passeggero e assume sempre più il carattere di una condizione permanente e immutabile.
Non basta l'ottimismo di Renzi a cambiare la situazione e a dare speranza, lì dove manca e la sicurezza, e la libertà.
«Se la noia e la monotonia pervadono le giornate di coloro che inseguono la sicurezza, l’insonnia e gli incubi infestano le notti di chi persegue la libertà. In entrambi i casi, la felicità va perduta.»
Zygmunt Bauman (da "La società dell’incertezza", 1999)
Zygmunt Bauman (da "La società dell’incertezza", 1999)
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