Riflettevo, in questi giorni, sul fatto che il nostro nuovo trasferimento/trasloco coincidesse con la celebrazione della Pasqua cristiana.
Le analogie tra la Pasqua cristiana e quella ebraica sono molte: per gli ebrei nel libro dell'Esodo è descritto il passaggio del loro popolo dalla schiavitù alla libertà, per i cristiani il significato di "liberazione" si sposta sul piano metafisico del passaggio a vita nuova, così come Gesù passò dalla morte alla resurrezione.
Lasciare Milano per Firenze è sicuramente qualcosa di molto meno importante di una riflessione escatologica, se vogliamo qualcosa di normale in un'epoca fluida dove i luoghi sono solo una caratteristica nemmeno troppo determinante delle opportunità. Ma nei momenti di passaggio fermarsi a riflettere sul perché e sul come è utile, oltre che bello. Dona un senso, crea una dimensione in cui si è attori attivi, non spettatori.
Su questo piano ho provato ad attribuire significato al nuovo cambiamento. Lo spunto di partenza è stata proprio una riflessione sulla parola ESODO. Non nell'accezione cristiana e nemmeno ebraica del termine, ma in un significato riconducibile alla cultura della Grecia antica, ed in particolare alla tragedia greca.
La tragedia greca era strutturata secondo uno schema ricorrente, di cui si possono definire le forme con precisione. Iniziava in genere con un prologo (prò-logos), che aveva la funzione di introdurre il dramma; seguiva la parodo, che consisteva nell'entrata in scena del coro attraverso dei corridoi laterali (le pàrodoi); l'azione scenica vera e propria si dispiegava quindi attraverso tre o più episodi (epeisòdia), intervallati dagli stasimi, degli intermezzi in cui il coro commentava la situazione che si sviluppava sulla scena. Infine la rappresentazione si concludeva con l'esodo (èxodos). Nell'esodo tutte le situazioni intricate in cui i vari personaggi si erano cacciati trovavano finalmente una conclusione, una soluzione.
Ed è su questo significato che mi sono soffermato. Come se davvero questo èxodos fosse di più di un semplice passaggio da una città ad un'altra. Ma quasi un bel finale di una bella storia, professionale e umana.