(... SEGUE)
Nei capitoli precedenti (1 e 2) abbiamo visto come l'innovazione introdotta coi nuovi domini gTLD non è che sia poi così utile.
La giungla di nomi più o meno interessanti, più o meno comprensibili, più o meno utili che si verrebbe a creare sarebbe probabilmente solo un fastidio per l'utente finale.
Ci troviamo, quindi, di fronte alla concreta possibilità che questa "giungla" non prenda mai piede. Vediamo perché.
Si è detto che, in ultima istanza, un nome di dominio del nuovo tipo potrebbe essere utile solo nel caso in cui il sito web ospitato ottenesse dei vantaggi in termini di posizionamento nei motori di ricerca. Ma, secondo la nostra analisi, questo non avverrà.
Abbiamo visto (Cap. 2) che l'utente-tipo molto probabilmente si rifiuterà di abbandonare l'attuale standard cui è abituato (le ragioni sono al Cap. 1) ed in fase di scelta dei risultati all'interno di una SERP (pagina dei risultati di un motore di ricerca) sarà portato al clic sui domini "di vecchio tipo".
Ora, per chi conosce la SEO, o almeno segue le analisi spesso presentate in questo blog, i motori di ricerca negli ultimi 3-4 anni hanno sempre cercato di introdurre "il fattore uomo" nei propri algoritmi. Il principale promotore di questa strategia è sempre stato Google, leader indiscusso di mercato, che ha usato, e usa tuttora, molte variabili nel proprio algoritmo che si basano sulla valutazione che l'utente fa di un sito (implicita nei suoi comportamenti). Dal primo clic in una SERP al +1 di Google Plus, passando per valori come Frequenza di Rimbalzo e Tempo di Permanenza sul sito, sono tutti indicatori di pertinenza o meno di un sito web rispetto ad una query di ricerca.
Se quindi Google dà tale importanza ai comportamenti degli utenti, è molto probabile che la scelta del nostro vecchio Plinio (vedi Capitolo 2, punto A.4.3) influenzerà negativamente il posizionamento dei nuovi domini.
E venendo a mancare l'unica vera ragione per cui un proprietario di un sito web potrebbe volere un nuovo naming, ecco che tutta questa storia dei gTLD si sgonfia e collassa su se stessa.
Tuttavia, prima che il mercato si accorga di quello che "la vecchia SEO" ci ha svelato in pochi logici passaggi, ci sarà comunque la corsa all'acquisto. Faccio quindi appello ai SEO Specialist, affinché non alimentino false speranze circa mirabolanti fattori di posizionamento!
In chiusura vorrei toccare un argomento che, come dimostra il titolo di questi 3 capitoli-post, ho avuto in mente fin dall'inizio. Ed il tema è: chi decide per noi e perché?
La vicenda della liberalizzazione dei suffissi di dominio, sebbene gestita da un ente (l'ICANN) che almeno sulla carta è no-profit, ha mostrato come scelte di carattere PLANETARIO, che incidono più o meno significativamente sulla vita delle persone, non contemplino la valutazione delle loro esigenze.
Il Web è il luogo più popolato del pianeta; entro il 2015 si prevede che almeno la metà della popolazione mondiale, stimata in 7.3 miliardi di persone, sarà connessa a Internet. Le decisioni che riguardano un luogo tanto vasto e tanto popolato non possono essere prese con leggerezza, non possono essere nelle mani degli stati, delle multinazionali, delle lobbies, delle associazioni, dei consorzi, e nemmeno lasciate all'arbitrio dei molti uomini di buona volontà che pure esistono e fanno la loro parte per rendere la rete un luogo/non-luogo migliore.
Ci vogliono nuovi professionisti, nuovi pensatori che ci aiutino a pensare come dev'essere quella terra promessa dove si incontreranno e convivranno più di 3 miliardi e mezzo di persone.
Gli stati dove viviamo li hanno costruiti, più che le guerre, le pacificazioni, le annessioni, le cessioni, le immigrazioni o i cataclismi naturali, i pensatori. I filosofi.
Nella società della velocità siamo abituati al tutto e subito, per cui non abbiamo "le competenze" per esercitare l'antica arte del pensiero lento. Ci manca il know-how per fermarci e riflettere su come deve essere qualcosa. Per mille ragioni, tendiamo a realizzarla mentre la pensiamo, con inevitabili errori e ulteriore dispendio di energie per la fase di correzione. Questo nel Web è la normalità (chi ha fatto project management in tale ambito sa di cosa parlo).
Ma quando si tratta di definire degli standard, quando ci sono scelte che riguardano miliardi di persone, varrebbe la pena di pensarci un po' su. Ci vorrebbero, forse, proprio dei filosofi a proporre le innovazioni, non solo per i nomi di dominio, ma per gli algoritmi dei motori di ricerca, per le problematiche relative alla proprietà intellettuale, per la raccolta/gestione/proprietà dei dati, per la privacy, per i monopoli dei grandi gruppi .com, per le regole di gestione e auto-gestione del Web.
Non degli ingegneri, non dei marketer, non dei manager, ma dei filosofi dell'Information Technology.
(FINE)