Oggi ho seguito con estrema attenzione tutto l'intervento di Matteo Renzi al Senato della Repubblica, per chiedere la fiducia sul proprio governo.
L'ho trovato intelligente, coraggioso e condivisibile su tutto.
Anche la citazione demagogica di alcuni episodi privati è servita a portare nell'aula quel senso di "urgenza" che pervade il Paese reale, urgenza di profondo rinnovamento, di cambio di passo nelle istituzioni, nel mondo del lavoro, nel mondo della scuola.
Oggi la speranza che da tempo avevo in Matteo Renzi è diventata fiducia. La differenza fra i due stati d'animo è, per dirla con Matteo, in una data. Quella di oggi.
Ho però trovato sconcertante il giudizio di politici e giornalisti che si sono limitati a contare gli applausi ricevuti da Renzi o a criticare il tono acceso del suo discorso ("da campagna elettorale" hanno detto, come se non si potesse fare un discorso programmatico con passione e coinvolgimento).
Ma come potevano applaudirlo se ha esordito dicendo "mi auguro di essere l'ultimo Presidente del Consiglio a chiedere la fiducia a quest'aula"?? Come potevano approvare un discorso che ha chiaramente messo in luce tutte le inadempienze di quell'aula in termini di semplificazione burocratica, creazione di posti di lavoro, valorizzazione della cultura e pace sociale??
Chi ha applicato l'applausometro come metro di giudizio sul discorso di Renzi, o ha criticato la sua postura poco formale, sta facendo un gioco pericoloso per il Paese, sta spostando l'attenzione da quello che Matteo ha detto.
Ecco, in Renzi ho fiducia. Ma mi tocca anche, come sempre in questo sgangherato Paese, continuare a sperare: che lo lascino fare.