Fino a quando dunque, CGIL, abuserai della nostra pazienza?A parte il soggetto, questo è l'incipit della prima delle orazioni di Cicerone denominate Catilinarie, scritte più di duemila anni fa.
Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?
Sono dovuto andare tanto in dietro nella storia della letteratura per trovare parole in grado di comunicare con sufficiente efficacia lo sdegno che provo per il comportamento dei sindacati e della CGIL in particolare.
Non è la prima volta che evidenzio la miopia delle sigle sindacali e la loro incapacità di lavorare per il bene comune. Nell'articolo "Breve storia economica d'Italia" ho illustrato come gran parte dei problemi economici che oggi il nostro Paese sta affrontando siano dovuti proprio alle sciocche pretese di queste associazioni di lavoratori, che hanno condannato i lavoratori delle generazioni successive a farsi carico dei loro errori.
Ma gli ultimi eventi, dall'opposizione alla Riforma delle pensioni allo stallo sulle modifiche dell'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, mi hanno davvero esasperato.
Sono stanco di una demagogia sterile, incapace di progettare e costruire un futuro migliore, tutta protesa ad una difesa dell'interesse particolare, per nulla interessata al bene comune: una stupida guerra di trincea, dove, mentre si perde la guerra e la visione di insieme, ci si trincera con le barricate nei metri quadri dei propri stupidi convincimenti. E non vince nessuna delle parti, ma perde il Paese.
Portare lo Stato sull'orlo della bancarotta, difendere chi il lavoro ce l'ha a scapito di chi lo cerca, fare ostruzionismo ad ogni riforma sociale, questa è miopia.
Ecco, i sindacati in Italia o sono miopi o sono criminali.
A volte entrambe le cose: c'è l'incapacità di leggere e interpretare la fase storica ed economica che si vive, con conseguenti azioni dannose per il Paese, e l'aggravante dell'intento criminale di danneggiare chiunque abbia un'opinione diversa (come nel recente sciopero delle bisarche, dove sono avvenute aggressioni e linciaggi ai camionisti che non hanno aderito allo sciopero, compreso l'incendio di autocarri carichi di nuovi veicoli FIAT).
Sento di poter dire queste cose senza il rischio di apparire "antisindacale". Sono un uomo di Sinistra, ogni mia idea politica e sociale ha radici negli ideali di Sinistra e ho sempre lavorato fianco a fianco alla CGIL quando facevo attivismo politico in università. Ma sono anche un cittadino pragmatico, razionale, che ha una così alta opinione dei diritti e di chi ha combattuto per conquistarli da ritenerli "sacri". Ma l'agire dei sindacati confederali da diversi anni a questa parte non ha niente di nobile, niente di puro: è un mero utilitarismo contingente, miope e dannoso per le generazioni future.
Lavoro da più di 6 anni e non ho mai fatto un solo giorno di malattia o 5 minuti di ritardo al lavoro. Ma sono grato di vivere in uno Paese in cui se dovessi averne bisogno, la mia famiglia avrebbe di che mangiare anche con me in ospedale. Questo è il diritto alla malattia. Non una settimana di riposto per un mal di testa. O peggio ancora perché si sono finiti i giorni di ferie.
Finché i sindacati stessi non punteranno il dito verso questi comportamenti, finché non capiranno che la difesa ad oltranza dei propri iscritti è sbagliata e vanno difesi solo gli onesti, finché non capiranno che il loro agire danneggia le future generazioni, allora io continuerò a ritenerli fra le peggiori "caste" del nostro Paese.
Nel libro di Stefano Livadiotti "L'altra casta. Privilegi. Carriere. Misfatti e fatturati da multinazionale. L'inchiesta sul sindacato", emerge, fra le tante situazioni imbarazzanti, un dato significativo: solo un italiano su venti si sente pienamente rappresentato dalle sigle sindacali e meno di uno su dieci dichiara di averne fiducia. Chi rappresentano, quindi? Che legittimità hanno per trattare a nome nostro?
Nessuna.
Sono profondamente convinto che un vero lavoratore, uno di quelli onesti e indifesi nei confronti del Sistema, se perde il lavoro non scende in piazza a protestare, ma si rimbocca le maniche e cerca, come può, di portare il pane a casa. Chi protesta sposta la responsabilità su altri, e attende da altri la soluzione del problema.
Ora io non escludo che queste responsabilità possano esserci, voglio solo ribadire che questa cultura del "protestare prima di rimboccarsi le maniche" è terribilmente sbagliata; e i maestri di questo approccio, in Italia, sono stati e sono tuttora i sindacati.
C'è una cosa che mi ha insegnato mio padre (NdR sindacalista) fin da piccolo: il lavoro onesto, qualsiasi lavoro, nobilita l'uomo; ed è dignitoso per il solo fatto di essere "lavoro". Questa cosa me la ripetevo quotidianamente quando, una decina di anni fa, facevo il lavapiatti nella periferia di Londra per imparare l'inglese, e immaginavo quanto eroico fosse chi quel lavoro doveva farlo per tutta la vita.
Anche il lavoro più umile, disagiato e senza diritti, è pur sempre lavoro. Ha una sua dignità e "sacralità" intrinseca. Ma questa importanza gli italiani l'hanno dimenticata. La difesa a tutti i costi del posto fisso, le proteste per le pause di 10 o 15 minuti, le battaglie per i permessi sindacali, o per i buoni pasto da un euro in più, hanno, negli anni, fatto dimenticare la "sacralità" del lavoro.
E la colpa più grossa ce l'hanno proprio i leader delle sigle sindacali confederali, CIGIL, CISL e UIL, che hanno pensato solo ad usare i lavoratori come bacino di voti per le loro carriere politiche, deformando la percezione dei diritti e doveri di un intero popolo.
Il problema non può e non deve essere l'Articolo 18, ma semmai il fatto che vanno previste tutele adeguate per chi perde il posto, il problema non è il posto fisso, ma semmai il fatto che il nostro sistema bancario non fornisce mutui a chi ha un contratto precario, il problema non è a che età andare in pensione adesso, ma la certezza che fra trent'anni i giovani di oggi una pensione non ce l'avranno, il problema non è il mobbing o la discriminazione fra i sessi, ma il fatto che in Italia si muore ancora di lavoro!
E invece della cooperazione fra le parti sociali, del lavoro di squadra per risolvere questi problemi, le priorità dei nostri sindacati (ed anche dei partiti politici, a dire il vero) sono tutte scelte esattamente per tenersi le mani pulite di fronte agli iscritti, così da poter essere rieletti. E a fine mandato nel sindacato iniziare la carriera politica.
Demagogia e miopia, con un pizzico di intento criminoso.
Ma allora è tutto così disperatamente sbagliato in Italia? No, fortunatamente ci sono i lavoratori!
I sindacati, infatti, non rappresentano il meglio della forza lavoro, quella che si "spacca le nocche" tutti i giorni, come recita una canzone di Caparezza.
Meglio chiudere, quindi, con un omaggio a questi "eroi contemporanei"...