Alcuni mesi fa sono andato con una collega a seguire un seminario presso la sede italiana di Google, a Milano.
Per chi come me lavora sul web, Google è un po' il "monopolista per eccellenza" cui dar conto, il tiranno indiscusso che regola indirettamente ogni strategia di web-marketing, posizionamento, e perfino la progettazione di un sito web.
Da anni ormai sul web non si muove foglia che Google non voglia.
Google negli USA indirizza oltre il 60% del traffico web, mentre il suo diretto competitor, Yahoo!, è sotto il 20%. Forte di questa leadership, Google da solo raccoglie quasi l'80% degli investimenti pubblicitari su internet.
Per questa ragione, forse, è stato particolarmente emozionante entrare nella sede di Google Italia. Ma ben presto l'ammirazione per il colosso di Mountain View si tramuta quasi in paura, in uno timore inconscio per il pericolo che tale strapotere comporta.
Tuttavia la riflessione sulla bontà o meno di Google è molto complessa, e non può esse risolta con sbrigative prese di posizione anti-monopoliste.
Innanzitutto bisogna considerare il "vantaggio dello standard".
Chiunque progetti siti internet parte dal valutare il futuro posizionamento del sito nella SERP (Search Engine Results Page) di Google. Se dovesse farlo per decine di altri motori di ricerca sarebbe un dramma!
L'utente stesso ha un vantaggio nell'usare un solo motore di ricerca: diventa uno strumento a lui noto, di cui riconosce (seppure in maniera limitatissima) la logica dietro i risultati; ciò gli permette, ad esempio, di non dover imparare alcun indirizzo internet, ma semplicemente ricordare la combinazione di parole chiave che gli restituisce, nelle prime posizioni della SERP, il sito di suo interesse.
Il nodo centrale è che la ricerca sul web pare non avere alcuna oggettività nei risultati: tutto è affidato al complesso algoritmo del Search Engine scelto, e nulla può l'utente per migliorare il processo di ricerca, se non valutare attentamente le parole da digitare per raggiungere il proprio obiettivo informativo.
Un esempio del caos che regna nell'utenza web al semplice "cambio di standard", lo si può vedere digitando "luca martino" in Google e su Bing (il nuovo motore di ricerca sviluppato da Microsoft). Con Google questo blog compare addirittura primo nella SERP, nonostante il titolo (WWT, che sta per whole world trip) non abbia attinenza diretta con le key words digitate. Utilizzando Bing, invece, non c'è traccia di questo blog, nemmeno nelle pagine successive alla prima. Quindi stesse parole chiave, ma risultati notevolmente diversi.
Le ragioni di un così discordante ranking dei due motori di ricerca per le key words costituite dal mio nome e cognome, sono molteplici, e non basterebbero mesi di studio per venirne a capo. Però questo esempio ci permette di fare una semplice constatazione: i motori di ricerca ci fanno vedere quello che vogliono.
In pratica non esiste alcuna garanzia che digitando delle parole chiave i search engines ci restituiscano "la realtà" presente sul web. Semmai, ci daranno "la loro realtà".
Questo vale per tutti i contenuti, non solo per i casi in cui i motori di ricerca praticano una vera e propria censura.
A proposito di censura, famoso è il caso dell'accordo di Google con il governo Cinese, che ha dato incredibili risultati, come l'oscuramento relativo alla persecuzione perpetrata ai danni del movimento spirituale pacifista "Falun Gong"; le stesse parole digitate in occidente danno un risultato, mentre con la versione cinese un altro.
Ma parlare di controllo dell'informazione non è esatto. Se Google praticasse realmente un controllo dell'informazione perderebbe credibilità e nel giro di poco tempo sarebbe sostituito con altri search engines.
Tuttavia quello che l'utente dovrebbe sempre tenere ben presente facendo navigazione libera tramite i motori di ricerca è che i risultati sono sempre parziali e non rispecchiano necessariamente la realtà. Possiamo senz'altro dire che c'è una stretta correlazione tra il mondo reale e quello rappresentato per immagini e testi dal web, tuttavia questa relazione è talvolta labile, e talvolta non veritiera. Spesso a questo problema di non corrispondenza tra web-reality e reality, si aggiunge il fatto che affidiamo la ricerca causale, logica, intellettuale e culturale ai motori di ricerca, mentre dovrebbe restare un'azione esclusivamente sotto il controllo della nostra intelligenza e voglia di Verità.
Ad ogni domanda, Google ci darebbe sempre e solo la sua verità. Estremamente relativa.