E' esattamente un anno che ho lasciato Cambridge.
Dopo 5 mesi di vita anglosassone, la mattina del 25 novembre del 2006 facevo le valige in gran fretta (causa una notte di addii molto lunga) e prendevo l'aereo da London Stansted per Roma.
E' solo un caso che si siano succedute, nelle ultime settimane, molte riflessioni più o meno malinconiche circa lo scorrere del tempo. Ma le date impongono di fermare la mente, e di volgersi indietro.
In un anno sono successe davvero tante cose.
Ho cambiato università e facoltà, ho iniziato a lavorare, ho comprato casa, ho vissuto tra Cles, Rovereto e Trento per mesi, prima di trovare fissa dimora; in questi mesi ho mangiato scatolette e pane per toast, e ho viaggiato anche 4 ore al giorno per raggiungere il luogo di lavoro o tornare al mio giaciglio; ho conosciuto molti nuovi amici, ho fatto qualche viaggio interessate, ed anche "IL viaggio", quello negli Stati Uniti d'America.
Sì, un anno intenso. Ma quello che rende insopportabile il peso dei ricordi, sono tutte le persone fantastiche che ho conosciuto e poi perso lungo la strada. Tutti gli amici che sento sporadicamente e che hanno ognuno la propria vita e la propria storia, di cui io forse non saprò mai niente.
A loro voglio dedicare questi fiori.
Questa foto l'ho scattata la mattina del 25 novembre di un anno fa, quando mi sono svegliato e sono sceso nella common room della casa di Cambridge in Upper Gwydir Street, n° 8. Per capire cosa significano questi fiori bisogna andare indietro di circa 18 ore, al 24 novembre 2006.
Al College Gonville and Caius, durante una festicciola di addio organizzata dai miei amici, Martin, un ragazzo con alcuni problemi relazionali che lavorava come factotum nella Pantry, mi aveva regalato una pacco di fori di plastica, confezionato da lui stesso. Martin era molto timido, visto che in 5 mesi l'avevo sentito parlare per più di un minuto solo tre volte. In due di queste stava cantando una canzone. Il suo, quindi, era un gesto di amicizia inaspettato, molto gradito, ma mi metteva in difficoltà, perché certo non avrei potuto viaggiare con quell'enorme pacco pieno di fiori in aereo. Nonostante ciò mi dispiaceva dover lasciare il ricordo del piccolo Martin.
A risolvere il tutto ci pensò Atas, il mio amico lituano. Tornati dal pub dove avevo dato l'addio alla birra inglese, Atas aprì lo scatolo di plastica trasparente e distrusse la composizione di Martin, sparpagliando i fiori in giro per la casa. Mi disse che quello era il modo migliore per trasmettere gioia a tutti i miei coinquilini e dare un senso al regalo di Martin.
In effetti, la mattina dopo, quando scesi a prepararmi un tè forte per svegliarmi del tutto ed iniziare a fare le valige, la vista dei fiori per tutta la casa fu un'emozione stupenda. La luce che filtrava dalla porta-finestra della common room accentuava il colore dei fiori, trasmettendo un'aria di festa e di armonia che mai mi sarei immaginato di provare il giorno della partenza.
Quei fiori mi ricordano Martin, Atas, Jane, Michael, Reyhan, Vlasta, Armando, Rudi, Sandra, Conci, Costanza, Silvia, Savio, Marcello, Sevan, Paolo, Anna, Federica, Francesco, Sun, Mun, Dushyanth, Julien, Simon, Nicky, Lorenzo, Pablo, Romilda, Vincent, Joao, e tutte le persone che ho avuto la fortuna di conoscere, anche se ora sono lontane.
Vi dedico questi fiori.