Quando Gesù fu condannato alla crocifissione e fu costretto a portarsi la propria croce da sé, a metà strada si fermò a riposare davanti ad una bottega. Attratto dalle urla della folla uscì dalla bottega un uomo: “Va più lontano! Non voglio che tu ti riposi davanti alla mia bottega!”, disse irato l’uomo avendo paura di fare la stessa fine del Maestro. Gesù rispose: “Io andrò e fra poco riposerò, tu andrai e mai ti fermerai, come il popolo ebraico”. Mentre sul Golgota si eseguiva la condanna capitale di Gesù e dei due ladroni, il proprietario della bottega iniziò il suo eterno errare. La sua presenza è stata segnalata ovunque per il mondo, ed in ogni periodo storico; un particolare lo contraddistingue: la sua ombra non si ferma mai sul terreno, a ricordo del suo tormento.
Ci sono poi versioni che a dire il vero mi piacciono di più, dove l'Ebreo è condannato ad errare come punizione per aver negato un sorso d'acqua a Gesù; in questa versione vedo la condanna al vagare senza meta come una metafora della Ricerca inappagata, della sete impossibile da soddisfare,... poiché si ha sete di quell'Acqua che appaga per l'eternità, quella Fonte che si è rifiutato di riconoscere. C'è chi vede nella Leggenda dell'Ebreo Errante il simbolo dell'intera razza ebraica, destinata a vagare per il mondo dopo la diaspora, e chi, secondo uno studio più critico su questa tradizione popolare, riconosce le tracce della propaganda antisemita che ebbe inizio nel IV secolo d.C. ad opera dei cristiani. Ma al di là di quanto possa esserci di vero nelle origini di tale racconto, resta il potere evocativo di un'immagine unica nel suo genere: questo personaggio che non può fermarsi in nessun luogo, che è condannato a vagare assetato di riposo e di pace interiore, e che sconta una colpa enorme.
...Beh, io ancora non ho capito qual è la mia colpa.