Forse il Capitolo precedente l'ho terminato in maniera troppo brutale. Ma ho le mie buone ragioni.
Ed ora le vedremo, introducendo alcuni concetti base per immaginare gli scenari post-apocalittici che, forse, a breve ci troveremo ad affrontare.
Ecco quindi gli assiomi da tener presenti per far fronte alla Fine del Mondo:
- Se l'obiettivo è la sopravvivenza, tanto vale prepararsi all'opzione peggiore.
- L'uomo è lupo per l'altro uomo (homo homini lupus est, dicevano i latini).
- Non sai chi sei finché non sei messo di fronte alla difficoltà di soddisfare i bisogni dei primi due gradini della Piramide di Maslow (vedi Cap. 4).
- Se Dio esiste, o sta guardando da un'altra parte, o è Lui che l'ha voluta la Fine del Mondo, quindi non contare sulla Provvidenza.
L'Assioma 1 vuol dire questo: fra due ipotesi, scegliamo la peggiore per la nostra sopravvivenza. Questo significa, ad esempio, che fra due modi di vedere l'essenza della natura umana, è più sensato credere che sia valido il peggiore fra i due. Plauto scrisse "lupus est homo homini" (è un lupo l'uomo per l'altro uomo), e Seneca "homo, sacra res homini" (l'uomo è una cosa sacra per l'uomo); fra le due massime latine noi basiamo le nostre strategie di sopravvivenza sull'ipotesi più sfavorevole, perché per l'altra non c'è bisogno di mettere in atto strategie preventive.
Il punto 2, quindi, in un certo senso discende dall'Assioma 1, ma è a sua volta un assioma e non un teorema, poiché non è dimostrabile (finché non ci troviamo nelle condizioni descritte dal Postulato 3).Anche il Postulato 4 discende dal Postulato 1 e, sebbene sia espresso in chiave ironica, vuol significare che tra una posizione teologica che contempla l'aiuto della Provvidenza ed una atea/agnostica che non la ritiene possibile, la seconda è quella nella quale ha più senso preoccuparsi!
Ed ora concentriamoci sull'Assioma 2.
Qualcuno si è mai domandato il senso ultimo del ciclo di dipinti di Ambrogio Lorenzetti "Allegoria ed effetti del Buono e del Cattivo Governo"? Serviva a ricordare ai governatori della città, nella Siena del 1300, che senza un buon governo le civiltà degenerano. Questo perché l'uomo non è in grado di perseguire "naturalmente" il bene comune, ma solo quello individuale.
Questa "legge di natura" è stata ampiamente affrontata dal filosofo inglese Thomas Hobbes (XVII secolo), il quale affermava che la natura umana è fondamentalmente egoistica, e a determinare le azioni dell'uomo sono soltanto l'istinto di sopravvivenza e di sopraffazione. Egli negava che l'uomo potesse sentirsi spinto ad avvicinarsi al suo simile in virtù di un amore naturale. Quindi se gli uomini si legano tra loro in amicizie o società, regolando i loro rapporti con le leggi, ciò è dovuto soltanto al timore reciproco.
Su questo blog ho già avuto modo di affrontare il tema dell'egoismo come fattore inquinate nelle democrazie moderne, citando anche un mio ormai vecchissimo scritto, "De Amore Rerum Suarum" (di circa 15 anni fa!). Ma qui stiamo parlando di qualcosa di più intenso, di più preoccupante.
Ecco perché la cosa che maggiormente deve spaventarci, nell'ipotetico scenario da Fine del Mondo che stiamo immaginando, non è solo la natura nell'accezione più evidente (maremoti, terremoti, cambiamento climatico), ma anche la natura dell'uomo, che può venire fuori in situazioni di disfacimento delle strutture sociali, di mancanza di leggi, o in assenza di chi quelle leggi le fa rispettare.
[Continua ...]